Il giovane Lorenzo

donm01Lorenzo apre gli occhi al mondo il 27 maggio 1923. Capita in una famiglia borghese, che non ha problemi finanziari, possedendo addirittura un feudo a Montespertoli, ma soprattutto in una famiglia di elevata cultura. Il bisnonno è un filologo importante, il nonno è direttore del museo archeologico fiorentino, il padre è chimico, la madre, triestina ed ebrea, ha imparato l’inglese nientemeno che da James Joyce. Lorenzo è il secondo di tre fratelli e in quell’ambiente cresce, acquisendo una cultura vasta e importante. Già da giovanotto parla sei lingue, compresi latino ed ebraico. Eppure, non è uno studente modello e deve soffrire anche qualche bocciatura. Ad ogni modo, si diploma al liceo classico.
Nel 1930 la famiglia si trasferisce a Milano, dove, per l’aria che tira contro gli ebrei, i genitori si sposano in chiesa e battezzano i figli. Lorenzo decide di non iscriversi all’Università, ha altre cose in mente: vuole diventare pittore. Così si iscrive a Brera, ma, soprattutto, frequenta lo studio di un artista tedesco, Hans-Joachim Staude dal quale impara un sacco di cose al di là delle tecniche pittoriche, una filosofia che curi i particolari essenziali e punti all’essenziale. Un insegnamento che l’accompagnerà tutta la vita.

assangeOggi dedico questo spazio ad un uomo incarcerato in un carcere di massima sicurezza dal governo britannico, il carcere Belmarsh, non a caso chiamato la Guantanamo d’Inghilterra e il riferimento è a come era il carcere americano, non come è adesso che è stato rimodernato. Ci sono 900 detenuti, tra i più pericolosi, 100 condannati all’ergastolo. Chi vi hanno rinchiuso? Un leader talebano? Un terrorista di Hamas? Un mormone impazzito? Niente di tutto questo. Si tratta di un giornalista, un giornalista famoso, che ha rappresentato con la sua opera e rappresenta tuttora una delle poche voci libere dell’Occidente.

def3Eccoci arrivati all’ultima puntata sulla deforestazione in questa miniserie. Nella prima abbiamo cercato di capire quanto gli incendi, quasi sempre prodotti dall’uomo, incidano sulla deforestazione. Nella seconda invece ci siamo occupati di studiare il fenomeno del cosiddetto illegal logging, vale a dire il commercio illegale di legname, soprattutto quello di pregio, il teak e il palissandro, in varie regioni del mondo. Abbiamo visto che questa pratica truffaldina, sempre coperta da controllori e quasi sempre dalle amministrazioni pubbliche, è diffusa in ogni parte del globo, dalle regioni africane a quelle asiatiche, e anche in Europa, segnatamente nei Carpazi, in Romania.
Oggi il discorso si allarga, perché vogliamo studiare il fenomeno più diffuso di tutti legato alla deforestazione. Ci chiediamo infatti cosa succede alle zone boschive devastate dalle ruspe e dalle motoseghe. A cosa servono i terreni liberati dagli alberi?

legnoCari amici eccoci alla seconda puntata sulla deforestazione. Questa volta parleremo di un argomento davvero poco diffuso, perché siamo abituati a pensare che le cause di questo disastro ambientale siano sostanzialmente due: gli incendi di cui abbiamo parlato l’ultima volta e la creazione di zone verdi adatte al pascolo alla coltivazione, di cui parleremo nella prossima e ultima puntata.
C’è un altro motivo per cui gli alberi vengono tagliati e questo è direttamente legato al tipo di legno con cui sono fatti. Se ci pensate, quante cose fatte in legno avete in casa vostra? Possiamo cominciare dai pavimenti per passare a molti mobili, soprattutto se questi hanno qualche decina d’anni alle spalle da quando sono stati costruiti. E poi librerie, tavoli, sedie e chi più ne ha ….

incendiVoglio affrontare nelle prossime tre puntate un argomento che credo sia importante e vorrei proporvelo sotto vari punti di vista. Si tratta della deforestazione, che è responsabile di una larga fetta del cambiamento del clima, un’opera criminosa che è cominciata molti decenni fa senza smettere mai.
Prima però vorrei sottolineare un concetto che penso debba essere chiarito.
Le dichiarazioni dei potenti (lo faranno anche a Dubai non c’è dubbio) parlano da molto tempo di “ridurre” la deforestazione. In questo verbo, “ridurre”, c’è tutta la truffa della situazione. Cosa significa, infatti “ridurre”? Significa tagliare meno alberi, vale a dire che invece di eliminarne mille al giorno, ne elimineremo 750. Qual è il risultato? La deforestazione diminuisce? Per niente. Aumenta ancora, anche se ad un ritmo più lento. Altre foreste vengono distrutte, il contenuto di gas serra nell’atmosfera cresce ancora, così come la temperatura media del pianeta, con tutte le conseguenze che ben conosciamo … ma il solito idiota che si informa su Tik Tok sarà felice e contento di aver sentito che la deforestazione viene ridotta.
A chi conviene che le foreste diminuiscano, che si facciano grandi spazi liberi in Amazzonia, in Congo o nel Borneo? E perché?

navi 501Nelle ultime quattro puntate abbiamo analizzato alcuni aspetti che riguardano il commercio di armi e rifiuti tossici provenienti o comunque passati per il nostro paese.
Abbiamo cominciato dalle navi che trasportano rifiuti ed armi verso paesi stranieri. Paesi che accoglievano volentieri rifiuti anche molto pericolosi, spesso radioattivi, in cambio di forniture di armi oppure di denaro. Lo smaltimento, se possiamo usare questo termine, avveniva spesso in maniera approssimativa, a volte semplicemente gettando le merci sulla riva dei fiumi o sulle spiagge. In Somalia questo è successo e nel paese africano cercavamo di capire cosa era successo Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Probabilmente avevano capito molto, collegando anche l’utilizzo delle navi della cooperazione, con i loro carichi di vestiario, medicinali e cibo, per trasportare armi e rifiuti tossici. E per questo sono stati assassinati il 20 marzo del 1994. Da allora sono passati quasi trent’anni, ma degli assassini e, soprattutto dei mandanti, ci sono solo indizi, ma nessuna certezza.

Premessa

alpi01Siamo arrivati alla quarta puntata di questa storia incredibile che si svolge tra Italia e Africa, con le navi che arrivano per depositare rifiuti tossici, che industrie, organizzazioni e amministrazioni dei paesi ricchi non vogliono tenere per sé né vogliono pagare lo smaltimento secondo le normative vigenti.
Abbiamo seguito, nelle scorse puntate camion che interravano rifiuti tossici e radioattivi ovunque, in Italia ma anche all’estero, ad esempio nei paesi dell’Est europeo grazie all’intervento di Cosa Nostra. Abbiamo seguito le rotte così strane di quelle navi che improvvisamente si inabissavano: un sacco di navi forse 40 o forse 100 che ancora oggi riempiono i fondali marini lungo le coste della Calabria e della Basilicata, e anche della Sicilia e della Puglia. Abbiamo saputo, grazie alle indagini di molte procure, grazie alle investigazioni fatte eseguire da alcune commissioni parlamentari, che dietro quegli affari c’erano potenti coperture politiche e militari. Secondo il pentito Francesco Fonti i vertici del partito socialista di Bettino Craxi avevano in mano la situazione, che però lasciavano gestire ai Servizi Segreti, usando come manovalanza gli uomini della ‘ndrangheta, specie quella della famiglia di San Luca e del clan Iamonte.
In mezzo a questo andirivieni di rifiuti compaiono anche le armi, altro grande affare italiano. E armi e rifiuti tossici viaggiano spesso assieme su quelle navi della cooperazione che dovrebbero essere cariche solo di cibo e vestiti per le popolazioni più povere e disgraziate del pianeta.
Nella nostra storia manca un anello importante, che è forse quello che più ha suscitato clamore e sdegno nel paese, o meglio in una piccola parte del paese che sapeva di essere vivo. Gli altri erano troppo impegnati a seguire le gag di Drive In e la pubblicità nascosta di Berlusconi nelle sue televisioni.
L’anello che manca riguarda una giornalista del TG3, Ilaria Alpi, e il suo operatore, Miran Hrovatin, morti ammazzati il 20 marzo 1994 a Mogadiscio, in Somalia. Oggi voglio raccontare la loro storia.